domenica 20 marzo 2011

Crisi e Rinascita


la vecchia Dehli, India

Stazione di Milano

Questo tema è forse ancor più attuale, considerato il momento che viviamo, che è quello della ricostruzione, del riassestamento, dopo la tempesta. L'articolo è stato redatto in base alla mia visione di studente di liceo, quale ero quando l'ho scritto.

New York
L’eco della tempestiva crisi finanziaria è giunto anche nella scuola. Certo, non in modo prorompente e manifesto, anzi, per il momento, potrei quasi dire che nulla è cambiato ai nostri occhi. Ma è come se un vento di tristezza e disillusione spazzasse i corridoi, le aule, i cortili. I nostri insegnanti ne parlano, ansiosi, timorosi per il futuro, ci prospettano un avvenire tetro. Troncano le nostre speranze, i nostri progetti a lungo termine, annunciano tempi difficili, privazioni. Aleggia tutt’intorno una tensione percepibile nelle loro cupe previsioni, nel loro cinismo. Perché se ad ogni crisi, secondo la pur valida concezione machiavelliana della Storia, corrisponde una rinascita, questa dovrebbe appartenere a noi, alle nuove generazioni. Allora posso in parte comprendere questo diffuso scoraggiamento. In parte, poiché da un lato ripongo una discreta fiducia nelle nostre potenzialità, nel desiderio di cambiamento e innovazione, dall’altro ritengo che siamo quasi completamente estranei a qualsiasi tipo di emergenza pecuniaria a livello globale. Non ne abbiamo esperienza, né testimonianza diretta. Oserei quasi affermare che la questione non ci hai mai interessati e difatti, la prima reazione dello studente medio di fronte ad un evento di tale portata è l’incredulità. Certo, probabilmente, quando il crollo, con devastante effetto domino che non potrà essere arginato, andrà a gravare sul nostro stile di vita, ne avremo piena coscienza. Ma per il momento, non sembra una preoccupazione così spiacevole, poiché ancora, dal nostro punto di vista, attento per lo più a guerre, scontri, politica nazionale, scandali ecclesiastici e dispute di bioetica (cose sicuramente più emozionanti e tangibili), del tutto inconsistente, addirittura invisibile. Non ci siamo mai occupati del denaro, che, d’altronde, c’è sempre stato, da che abbiamo memoria. Eravamo del tutto ignari che il pantagruelico e complesso sistema che governava l’economia mondiale era in realtà assai vulnerabile e che prima o poi sarebbe franato su se stesso, per di più in un momento in cui la fiducia nelle istituzioni sarebbe stata scarsa o inesistente. E invece sarà proprio il nostro compito principale, quello di attuare la Rinascita, necessariamente anche culturale, dando per scontato che, senza idee, non si attuerebbe un bel niente. Ma ne saremo davvero capaci, noi che mai abbiamo avuto a che fare con disastri di tale portata, noi che siamo imprenditori, egoisti, al servizio solamente di noi stessi e quasi mai attenti a problematiche così raffinate, interesse di tutti e non del singolo ?
Saremo in grado di rinunciare a qualcosa per un fine ultimo, un disegno più grande ?
Spero che possiamo imparare da chi ci ha preceduti. Senza farci dare istruzioni, solo per seguire un esempio, che magari ci aiuti persino a fare “di necessità virtù”, per inaugurare un’epoca nuova, venata di ottimismo.

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